giovedì 28 gennaio 2021

L'INCONTRO - Michela Murgia - 2012


Maurizio, dieci anni, passa le sue intere vacanze estive dai nonni, a Cabras, una cittadina di novemila anime in provincia di Oristano.
Le giornate passano felici tra nascondini, corse a rotta di collo, scherzi tra amici e storie di fantasmi che durano fino a notte fonda.
Ma durante l’estate del 1986 persino gli eterni racconti degli anziani del paese si mettono da parte per far posto alla notizia che sconvolge l’intera comunità. E’ stata autorizzata la fondazione di una nuova parrocchia. Nuova chiesa, nuovi locali parrocchiali, nuova divisione territoriale e nuove appartenenze di riti e di miti.
Per gli abitanti di Cabras è una rivoluzione improvvisa ed imprevista.
Cominciano complicate questioni relative alla ripartizione dei confini. Nessuno dei due parroci sembra voler cedere. Ma la divisione prende il via e inaspettatamente non tutta la popolazione di Cabras sembra esserne scontenta. Per una volta gli abitanti delle periferie riescono ad immaginare di non essere il margine di qualcos’altro.
Ma un altro fatto ben più importante sconvolge la vita di Maurizio durante quell’estate. I suoi genitori decidono di trasferirsi a Ferrara per poter avere un lavoro meglio retribuito e più sicuro. I nonni insistono per far sì che Maurizio rimanga a vivere con loro, vicino alla scuola e ai suoi amici. E così è. La vita del ragazzo a Cabras non è più scandita solamente dalle spensierate giornate estive, ma ormai è la consuetudine della sua quotidianità.
I pomeriggi con gli amici di sempre, Franco e Giulio, diventano ormai un’abitudine. Fino al giorno in cui Franco smette improvvisamente di presentarsi ai loro incontri. E’ ormai chiaro che l’amico si è definitivamente “schierato” con la parrocchia avversaria, diventando addirittura capo dei nuovi chierichetti.
Il culmine della diatriba tra le due parrocchie arriva il giorno di Pasqua, quando nessuno delle due fazioni vuole rinunciare alla tradizionale processione. Il giorno stesso perciò dagli angoli opposti della città partono due distinte processioni, con a capo dei chierichetti gli ormai ex amici Maurizio e Franco. Ma saranno proprio loro due a distendere gli animi tesi per concludere la processione uno di fianco all’altro , tornando a quel “noi”, che non è solo un pronome, ma la cittadinanza di una patria tacita dove tutto il tempo condiviso si declina così, al presente plurale.



Solo 92 pagine. Ma di certo non un libro semplice. Come sempre il linguaggio di Michela Murgia è molto articolato e a volte complesso.

Ogni pagina, ogni parola mi ha riportato indietro nel tempo, nelle mie estati di bambina, all’aria aperta, con tutte le sensazioni forti che spesso vengono dimenticate.
Ma oltre questo non si va. E’ un libro che risulta un po’ pesante, non riesce a dare quel pathos che ti spinge a sapere come andrà a finire la storia.
Bel racconto ma siamo lontani anni luce dalla Murgia di “Accabadora”.
Peccato.


venerdì 18 dicembre 2020

7-7-2007 - Antonio Manzini - 2016 

Ci troviamo a Roma nel luglio del 2007.

Rocco Schiavone è quello di sempre, scorbutico, ruvido, cinico, schivo e irascibile. Ma sicuramente più felice.
Sua moglie Marina è ancora viva, sebbene abbia appena lasciato casa dopo aver scoperto i “loschi traffici” del marito.
Rocco sta indagando su un brutto affare. Tale Giovanni Ferri, ventenne, studente modello di giurisprudenza, figlio di un noto giornalista, viene trovato brutalmente assassinato in una cava di marmo. Rocco comincia a passare al setaccio la vita del giovane, all’apparenza del tutto ordinaria.
Ma è purtroppo un altro feroce delitto a “regalare” una svolta alle indagini. Un nuovo cadavere, Matteo Livolsi, amico intimo del primo, viene trovato per strada, anch’egli vittima di un violento colpo alla testa, ma stavolta senza alcuna traccia di sangue.
E’ questo elemento (e l’aiuto degli amici di sempre) che porta il vicequestore a trovare la pista giusta.
Una storia di droga. Un proficuo traffico di stupefacenti, gestito da una spietata criminalità organizzata.
Ma questa storia non finirà bene. Il vicequestore subirà un attentato dove lui si salverà. 
A morire sarà invece Marina.
E qui si torna al presente.
Anche Adele, compagna dell’amico Sebastiano, è stata uccisa in un agguato diretto a Schiavone. Le due morti sono collegate.
Ora non resta altro a Rocco e a i suoi amici che farsi giustizia da soli.


Un romanzo/confessione. Manzini dopo i cinque precedenti romanzi, con 7-7-2007 arriva finalmente a spiegare le ragioni del profondo e intimo dolore del vicequestore Rocco Schiavone.

Con un meccanismo complesso, un flashback che ha inizio e fine nel presente, pieno di intrecci e collegamenti, offre la possibilità di dare un filo logico alla vita del protagonista.
Il racconto ci accompagna nel suo passato, nei suoi errori e nei suoi rimpianti.
Ma non solo Schiavone. Tutti i protagonisti si fanno finalmente davvero conoscere. La moglie Marina e soprattutto i suoi inseparabili amici Furio, Brizio e Sebastiano sono raccontati in tutte le sfumature del loro carattere.
Oscillando tra presente e passato, pur conoscendo già l’epilogo verso il quale ci stiamo muovendo, l’effetto finale è ugualmente sconvolgente.
Tutto funziona alla perfezione. Psicologia dei personaggi, ritmo, coerenza nella trama. 
E’ la perfetta chiusura del cerchio.

mercoledì 29 gennaio 2020

A BOCCE FERME - Marco Malvaldi - 2018

Alla lettura del testamento di Alberto Corradi, proprietario dell'azienda farmaceutica Farmesis, avviene un colpo di scena: lo stesso Corradi si autoaccusa dell'omicidio del padre putativo, avvenuto nel lontano 1968.
Ma non è tutto. Al "morto d'annata" se ne aggiunge uno "fresco di giornata".
Che i due omicidi siano connessi? E' probabile: il movente (presumibile), una cospicua eredità con annessa fiorente fabbrica farmaceutica, lo farebbe pensare, ma i casi della vita non sono mai così lineari come ci si aspetterebbe.
Ci penseranno i quattro vecchietti del Bar Lume e l'annesso "barrista", sospettosi per natura  e intriganti per vocazione, a farsi strada nelle difficili indagine.

Si ride, tanto.
Si pensa, si attraversano incroci temporali che toccano il passato, il presente e anche il domani.
Un racconto riuscitissimo. Anche l'impianto del "giallo", attorno al quale ruota tutta la vicenda è robusto, avvincente e ben strutturato.
Piccolissima nota negativa a mio parere: non è dato al lettore di provare a risolvere anch'egli il mistero, in quanto tenuto all'oscuro fino alla fine di particolari fondamentali.
Ma senz'altro un ottimo racconto, ricco di riferimenti politici e culturali degli anni 60/70, che tolgono al romanzo quella "frivolezza" che spesso mi infastidisce.
Consigliato. 

sabato 2 dicembre 2017


LE TRE DEL MATTINO - Gianrico Carofiglio - 2017

Era appena adolescente, Antonio, quando gli è stata diagnosticata la patologia dell'epilessia idiopatica. Dopo un primo consulto in Italia, che lo costringe ad una vita fatta di restrizioni e cautele eccessive, il giovane, con il padre, matematico ed insegnante, e la madre, docente di lettere, ormai separati, decide di recarsi in Francia, a Marsiglia, presso lo studio del dottor Gastaut, un luminare nel settore di questa malattia.
Dalla visita risulta che Antonio può tornare ad avere una vita "quasi normale", può riprendere gran parte di quelle abitudini a cui era stato costretto a rinunciare e la sindrome sembra ormai essere sotto controllo.
Trascorsi tre anni (siamo circa nel 1983), padre e figlio, ormai diciottenne, tornano a Marsiglia per l'ultimo responso: sarà Antonio definitivamente guarito oppure dovrà continuare a sottoporsi alla terapia?
Apparentemente il ragazzo sembra essersi ristabilito. Il medico però decide di sottoporlo ad un ultimo test, la cosiddetta "prova da scatenamento" (oggi vietata e sconsigliata negli ambienti clinici). Padre e figlio saranno obbligati a restare svegli per ben 48 ore consecutive, senza farmaci curativi e supportati soltanto da alcune pillole a contenuto anfetaminico, necessarie a evitare che il sonno sopraggiunga.
Quei due giorni a Marsiglia, che Antonio ci racconta a distanza di anni, ormai divenuto uomo adulto, divengono ricordo affettuoso di un momento cruciale nella vita dei due protagonisti. Una scoperta reciproca, al di fuori degli schemi, dei ruoli e della distanza che la vita quotidiana ha loro imposto; si riscoprono complici, per le strade di una città fascinosa, multirazziale e dai mille volti.


"Le tre del mattino" è un romanzo di formazione concentrato in una manciata di ore, ma è soprattutto un racconto di emozioni e sentimenti, di strani incontri e di personaggi che nella notte marsigliese incrociano il loro destino con quello dei protagonisti.
La scrittura è asciutta, i dialoghi serrati, la trama dolcissima.
Carofiglio instaura un dialogo intimo con il lettore e, attraverso una prosa armoniosa ed equilibrata e uno stile preciso ma che sa cogliere le sfumature, lo coinvolge in una conversazione con se stesso.
E' un romanzo di solitudine e d'amore, un noir di sentimenti che ricerca con delicatezza il sogno di essere compresi, riuscendo a dare ai personaggi un nuovo senso alla loro vita, spingendo ognuno verso un approdo inedito, verso l'ascolto e la scoperta dell'altro.

lunedì 18 febbraio 2013

LA RAGAZZA CON L'ORECCHINO DI PERLA - Tracy Chevalier - 1999

In una Delft del XVII secolo vive la giovane Griet, figlia di uno dei più rinomati decoratori di piastrelle della città, privato degli occhi e del lavoro a causa di un incidente. La famiglia di Griet non è una famiglia ricca e anche per questo la ragazza viene mandata giovanissima a lavorare come domestica in casa del pittore Johaness Vermeer e della moglie Catharina, ricchi abitanti del Quartiere dei Papisti, realtà tanto vicina quanto lontana dalla sedicenne Griet e dal suo mondo.
Il compito della ragazza sarà quello di accudire i numerosi figli della coppia e di occuparsi delle pulizie nell’atelier del pittore.
La ragazza passerà in quella casa la maggior parte dei suoi giorni, potendo tornare dai genitori solo la domenica.
L’accoglienza da parte della famiglia non è certamente delle migliori; i cinque figli sembrano non gradire affatto la sua presenza e non tarderanno a renderle la vita difficile in ogni occasione; Catharina, moglie del pittore, nuovamente incinta, sempre sgarbata e diffidente, è fin da subito gelosa della giovane Griet; Tanneke, domestica di famiglia, le affida fin da subito i compiti più duri, non sopportando l’idea che quella giovane ragazza possa entrare nell’atelier del pittore, luogo da sempre proibito a tutti loro.
Ma sono proprio le ore passate in solitudine nell’atelier a rendere le giornate di Griet meno pesanti. E’ un luogo affascinante, dove niente può essere spostato di un centimetro, ma ogni piccola cosa assume un grande significato.
Gli incontri con il pittore, dapprima rari, cominciano a diventare un abitudine per Griet. Vermeer sembra essere molto soddisfatto del lavoro della ragazza, che riesce a pulire perfettamente rimettendo poi ogni cosa nello stesso identico punto.
Griet è molto colpita dal fascino dell’uomo, il quale fa di lei la propria assistente, ad insaputa della moglie.
La giovane da quel momento non cesserà per un solo istante di ubbidire all’amore per l’arte e alla passione scatenatele da Vermeer, che a sua volta arriverà a provare un sentimento per la ragazza, reazione che la sorprenderà ma che le donerà anche un profondo appagamento.
Ma tutto sta per crollare. Catharina scopre ben presto che il soggetto del nuovo dipinto del marito è proprio la giovane Griet che indossa una splendida perla, appartenente alla moglie del pittore. Griet fugge così dalla casa e dalle sue passioni e accetta la proposta di matrimonio di Pieter, figlio di un macellaio al mercato della carne.
Il romanzo termina descrivendoci Griet dieci anni dopo, non più una ragazzina “a servizio”, ma una donna impegnata nella macelleria di famiglia, sposata e con due figli.
Un giorno si presentano al mercato Tanneke e Maertge, la primogenita dell’artista, e le raccontano tutto quello che è accaduto dopo la sua fuga. Griet viene a conoscenza che la famiglia Vermeer è ormai caduta in rovina e che il padrone è improvvisamente morto. Infine, le annunciano che il pittore, prima di morire, aveva espresso le sue ultime volontà, includendola nel testamento, nel quale veniva sottolineato che gli orecchini di perla, che ella aveva indossato per il quadro, dovevano esserle consegnati.
Senza pensarci, Griet accetta e decide di portarli da un rigattiere per venti golden. Soddisfatta del suo operato, ne rende quindici a suo marito come saldo del debito che la famiglia Vermeer aveva nei suoi confronti e ne conserva altri cinque in un posto segreto, in memoria di quell’esperienza che le aveva per sempre cambiato la vita.


Non c’è niente di peggio che leggere un libro e provare una semplice e costante antipatia per il protagonista, che porta a non apprezzare totalmente l’opera.
Ecco, mi è successo proprio con questo romanzo.
É vero, la storia scivola bene, le descrizioni sono ottime, la scrittura è da professionista, ma Griet mi suscita una sensazione di fastidio per tutta la vicenda.
Apprezzo le persone timide, povere e umili, ma quando queste caratteristiche servono per nascondere ossessioni e tormenti la cosa non mi va giù. Preferisco la semplicità e la chiarezza.
A parte questo il libro è sicuramente scritto molto bene.La vicenda, come spesso accade per le opere della Chevalier, trae spunto da una situazione reale; in questo caso dalla vita di un pittore e dalla realizzazione di uno dei suoi più importanti dipinti, “Ragazza col turbante”. Spesso davanti ad un’opera d’arte mi è capitato di domandarmi che cosa vi fosse dietro. L’idea pertanto la trovo davvero brillante.
Un punto a favore lo assegno sicuramente per le descrizioni ambientali. Pagina dopo pagina ci si trova immersi nell’atmosfera di un’Olanda modello XVII secolo, con i suoi canali, i suoi mercati, gli odori e, soprattutto, con i suoi intensi colori.
Aspetto gradevole è senza dubbio il finale. La "sensatezza" con cui si conclude il romanzo, tipica dell'epoca, risulta assolutamente naturale. Naturale ed inevitabile.

martedì 30 ottobre 2012

L'OMBRA DEL VENTO - Carlos Ruiz Zafòn - 2001


Una mattina del 1945 il proprietario di un piccolo negozio di libri usati porta il figlio undicenne al Cimitero dei Libri Dimenticati, un luogo dove vengono conservati libri sconosciuti destinati a scomparire. Daniel entra così in contatto con “L’ombra del vento”, romanzo di Julian Carax. Lo legge tutto d’un fiato e ne rimane davvero colpito, tanto da cercare immediatamente altri libri dell’autore. Ma non ne trova. Scopre anzi che tutti i romanzi di Julian sono stati bruciati da un uomo che si fa chiamare Lain Coubert, come uno dei personaggi dello scrittore.
Incuriosito dal mistero Daniel inizia ad indagare sulla vita di Julian, di cui nessuno sembra avere più notizie da molti anni. Riporterà così alla luce storie intricate di famiglie, di amori contrastati, di amicizie tradite. Inizia per Daniel l’enigma da svelare. Carax infatti cela un’esistenza complicata, misteriosa e costellata da forze e personaggi oscuri ed inquietanti.
La ricerca accompagnerà Daniel per molti anni, intrecciando sempre di più la sua esistenza con quella dell’autore.


Ogni volta che finisco un libro mi piace sbirciare qua e là su internet per leggere le opinioni degli altri e confrontarle con le mie. Beh su questo romanzo ho veramente letto di tutto e sono rimasta colpita dalla diversità dei giudizi. Da alcuni il libro è giudicato noioso, lento, pieno di digressioni inutili, di difficile lettura, senza suspance....da altri un autentico capolavoro!
Io sono tra quest’ultimi, tra chi mette “L’ombra del vento” tra i capolavori assoluti e tra i libri che non si dimenticano.
Perfetta caratterizzazione di tutti i personaggi, tale da renderli indimenticabili...quelli “positivi”, Julian, Nuria, Fermin (i dialoghi che lo vedono protagonista sono assolutamente i migliori del libro!), Miquel, Daniel...e quelli “negativi”, Jorge e Ricardo Aldaya, l’ispettore Fumero (uno con un nome così non può che essere cattivissimo!).
Fantastica anche l’ambientazione a Barcellona, spesso piovosa e cupa, come il periodo in cui il romanzo è ambientato. Una Barcellona stretta tra le nefandezze del post-guerra franchista e il suo glorioso retaggio modernista.
In una sorta di doppia spirale temporale le vicende dei due protagonisti corrono parallele per poi intrecciarsi e sovrapporsi repentinamente tanto che a volte ci si può confondere sul destino dei due. Uno degli intenti stilistici principali dell’autore è stato proprio quello di trasformare i personaggi principali e le loro affini vicende in un’unica entità, rappresentando così due facce della stessa medaglia. Daniel la più concreta, pura, sensibile e Julian, la più misteriosa, eterea, romantica.
Lo stile ricercato e sapiente di alcune scene dà un tono nostalgico e pregno di sentimento alla storia.
E’ un romanzo che raccoglie in sè tutto: amore, amicizia, passione, odio, rabbia, paura, terrore. Un romanzo completo. Completo ed elegante.



martedì 21 febbraio 2012

L' IDIOTA - Fedor Dostoevskij - 1869


Il principe Myskin ritorna in Russia dopo un soggiorno in Svizzera, in una clinica dove si era cercato di guarirlo dall’epilessia. Rimasto privo di mezzi, alla morte di una zia, il principe spera di ricevere in Russia la sua eredità. Durante il viaggio in treno incontra Parfen Rogozin, il figlio squattrinato di un ricco mercante morto di recente, che, come il principe, torna a reclamare la sua eredità, e che, durante il tragitto, racconta di essere innamorato follemente della bella e altrettanto arrogante Nastas’ja Filippovna.
Giunto a Pietroburgo, Myskin si scontra con una società malata e crudele, dove il suo atteggiamento bonario ed innocente è considerato da “idiota”.
Fa visita all’ultima Myskin ancora in vita, Elizaveta Prokof’evna, dove conosce il marito di lei, il generale Epancin, e il suo segretario, Gavrila Ardalionovic. Gavrila mostra al principe il ritratto della sua possibile futura sposa, la stessa Nastas’ja che Rogozin ama.
Scampata da bambina all’incendio della sua proprietà e rimasta orfana, Nastas’ja viene aiutata da un amico del padre, Afanasij Ivanovic Tokij, che la sistema insieme alla sorella in una tenuta a cui l’uomo fa visita ogni estate. Accorgendosi della bellezza di Nastas’ja, ormai sedicenne, Tokij la rende sua amante per i periodi che passa alla tenuta, fino a cinque anni dopo, quando Nastas’ja compare alla sua porta a San Pietroburgo, pretendendo di vivere in città a sua spese. Tokij, ormai cinquantacinquenne, vorrebbe tagliare i fondi a Nastas’ja; decide quindi che è venuto per lei il momento di sposarsi, e propone a Gavrila di prenderla in moglie, con la promessa di 75000 rubli.
Myskin, non appena visto il ritratto della donna, se ne innamora perdutamente; riconosce nel bellissimo volto di lei sofferenza ed infelicità, capisce subito che è una donna compromessa dalla vita, e sente il bisogno di salvarla. Di Myskin invece si innamora Aglaja, la figlia minore del generale.
Il principe chiede in moglie la bella Nastas’ja, per salvarla dai due pretendenti, ma la ragazza, innamoratasi anche lei della bontà d’animo del principe, rifiuta per paura di poter farlo soffrire.
La bella Nastas’ja finisce così per intraprendere una folle e instabile relazione con Rogozin. Nel frattempo il principe Myskin inizierà un rapporto con Aglaja, oscillando tra litigi e amicizia.
Fino a quando, ad una cena con Myskin, Aglaja, Rogozin e Nastas’ja, le due donne iniziano a discutere riguardo al principe e ai suoi sentimenti per Nastas’ja. Quest’ultima sfida Aglaja e chiede al principe quale delle due voglia sposare . Ferita dall’esitazione del principe Aglaja se ne va ; quando il principe fa per seguirla Nastas’ja lo ferma , incredula che la stia respingendo, e sviene. Al suo risveglio Nastas’ja abbraccia il principe e Rogozin se ne va.
Due settimane dopo Myskin e Nastas’ja stanno per sposarsi. Con l’approssimarsi del matrimonio Nastas’ja è sempre più spaventata dall’idea che Rogozin la voglia uccidere. Il giorno delle nozze però Nastas’ja, mentre sta per entrare in chiesa, vede Rogozin, gli corre incontro e gli chiede di portarla via. Rogozin la fa risalire in carrozza e la porta a San Pietroburgo.
Myskin, dopo averli cercati inutilmente per vario tempo, incontra Rogozin che lo invita a casa sua. Qui il principe scopre il cadavere di Nastas’ja, uccisa da Rogozin stesso con un pugnale.
I due passano insieme la notte: il mattino dopo vengono trovati uno, Rogozin, delirante, e l’altro, Myskin, impazzito nuovamente.


Ho cercato un po’ di notizie su internet riguardo questo libro, e, leggendo qua e là, non si può non notare che questo romanzo è considerato da molti un capolavoro assoluto della letteratura. Mi sono sempre ritenuta un po’ “diversa” dagli altri (in senso simpatico!), e anche in questo caso il mio giudizio è assolutamente differente dagli altri. E’ stato per me difficile finire questo romanzo, e non solo perché è molto lungo; l’ho trovato quasi sempre pesante, dispersivo e poco chiaro. Generalmente mi piacciono i libri introspettivi, ed ero convinta che questo romanzo fosse uno di quelli; invece ogni pensiero descritto non arriva mai a un punto fermo. Mi sembra che tutto sia lasciato fin troppo all’immaginazione. Tutti i personaggi sono per me troppo contorti e a volte fanno venire quasi il nervoso.
Dicono che per capire veramente questo romanzo bisognerebbe leggerlo più di una volta. Io preferisco seguire l’impressione della prima lettura e non toccarlo più!
Hermann Hesse afferma che: “dobbiamo leggere Dostoevskij quando ci sentiamo a terra, quando abbiamo sofferto sino ai limiti del tollerabile e tutta la vita ci duole come un’unica piaga bruciante e cocente, quando respiriamo la disperazione e siamo morti di mille morti sconsolate. Allora, nel momento in cui, soli e paralizzati in mezzo allo squallore, volgiamo lo sguardo alla vita e non la comprendiamo nella sua splendida, selvaggia crudeltà e non ne vogliamo più sapere, allora, ecco, siamo maturi per la musica di questo terribile e magnifico poeta”.
Beh, se è così, sono allora quasi felice che il libro non mi sia piaciuto!

L'INCONTRO - Michela Murgia - 2012 Maurizio, dieci anni, passa le sue intere vacanze estive dai nonni, a Cabras, una cittadina di novemi...